pochi metri sopra il deserto prima dei grattacieli.

28 aprile 2008

ultimo giorno di deserto, anzi, ultima mattinata, cosi’ la facciamo cominciare presto. sveglia alle 4 e mezza, un’ora che sa poco di mattino ed inizio giornata, ma verremo ricompensati.
ci vengono a prendere in hotel con un pulmino poco rassicurante, lo e’ anche meno la strada che ci porta in mezzo al nulla, dietro chilometri di buche, terra e scossoni per arrivare in una spianata, solo buio tutt’intorno.
li’ ci sta aspettando una jeep bianca ed impolverata che si trascina dietro un piccolo carrello con su un cesto ed una sacca; la nostra mongolfiera.
e’ da lassu’ che oggi vedremo l’alba, qualche metro dal suolo, in questa mongolfiera da 200 mila dollari che puo’ portare una ventina di persone, tra le piu’ grandi al mondo.
ci consigliano di incrociare le dita, ora non c’e’ vento sufficiente per decollare, ma il pilota (che a vederlo non gli faresti guidare neanche la tua bicicletta di seconda mano) e’ fiducioso ed indica gia’ la direzione in cui andremo, strumenti tecnici alla mano.
fresco fuori, sono quasi le 6 e siamo a 5 gradi, tre settimane fa a quest’ora erano 20 gradi, ballerina la temperatura da queste parti.

il nostro pilota aveva ragione, tempo dieci minuti e con il sole che comincia a fare capolino si alza una piacevole ed invitante brezza, e’ tempo di far prendere vita al nostro gigante. sono in tre a spiegare il pallone, tirare giu’ la grande cesta dal carrello, accendere il mega ventilatore per gonfiare il pallone, ma sembrano in venti, tanto sono veloci e sincronizzati.
di aria da soffiarci dentro ne serve molta, ci vogliono almeno dieci minuti prima che prenda forma e punti verso l’alto; un paio di fiammate di butano e via, tutti a bordo.
il decollo e’ leggero, quasi impercettibile, se non ti sporgi un po’ non ti accorgi di non essere piu’ con i piedi a terra.
che magnifica sensazione.
voliamo lenti e silenziosi, solo il rumore della fiamma che viene aperta per cambiare quota e direzione alla mongolfiera rompe quella pace a qualche decina di metri dal suolo.
voliamo cosi’ per una mezz’ora, tra venti e trenta metri, sotto solo il deserto che cambia colore, con il sole alle nostre spalle che sale e colora di giallo le cime degli alberi a pochi metri da noi.
il pilota armeggia con la fiamma, controlla l’altimetro e tira delle funi che aprono e chiudono la parte superiore del pallone, senza togliere lo sguardo da cio’ che ha davanti, ma quando gli chiedi
come fai a dare la direzione precisa alla mongofiera?
la risposta e’ semplice:
decide il vento.
via radio si accorda con i due ragazzi per venirci a riprendere, una spianata dove il vento ha deciso di portarci, cosi dopo pochi minuti vediamo la polvere che si alza e si avvicina verso di noi.
preparatevi all’atterraggio e tutti ci accucciamo con ginocchia e schiena contro l’imbottitura della grande cesta, tre-due-uno e rimbalziamo quattro, cinque volte al suolo, leggeri come siamo partiti.

a terra, tutti impegnati a rimettere quel pallone enorme in una sacca piccolissima, ed alla fine ti chiedi come quella bestiona possa stare li’ dentro senza esplodere; poi ritorno verso l’albergo, dove ci aspetta una aussie style breakfast sul prato di fronte al nostro hotel.
ridiamo e parliamo almeno 5 lingue diverse in quel cerchio di nazionalita’ che hanno volato insieme pochi minuti prima, mangiando cosce di pollo, formaggio, frutta, torte dolci e salate e bevendo champagne e succo d’arancia. piu’ australiani di cosi’..

il tempo di stenderci 30 minuti in piscina e via in taxi verso l’aeroporto, ci aspettano posti un po’ piu’ abitati e chiassosi.

sydney la troviamo fredda (nel senso di temperatura) i quindici gradi che ci accolgono alle 5 di pomeriggio sono un po’ pochi per le mie ciabattine. il nostro pusher di viaggi di fiducia ci ha sistemato come al solito in posizione perfetta, uno sheraton facile da raggiungere con i mezzi pubblici e a pochi passi dal centro e dalle cose piu’ belle da vedere.

dalla stazione all’hotel in mezzo a grattacieli e a centinaia di persone all’ora di punta, uno scenario un po’ diverso dal deserto degli ultimi giorni..cercheremo di abituarci.

in evidenza.

taddo, sempre lui. difficile da raccontare, ma mi serve un appunto per ricordare il numero che ha fatto, con valigie, sulla scala mobile uscendo dalla stazione del treno a sydney. neanche fosse un giocoliere che balla il tango su un tapis roulant, non e’ caduto per miracolo.

mike.


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